
Le cholitas in Bolivia: dall’emarginazione al protagonismo
Il riscatto di donne simbolo della cultura indigena
Le cholitas sono il simbolo di una cultura ricca di storia e tradizioni in lotta contro l’estinzione, ma sono anche donne che hanno resistito e fortemente cercato la rivalutazione del loro ruolo femminile all’interno di una società che le aveva sempre discriminate ed emarginate.
Chi sono le cholitas?
Il termine chola e il diminutivo cholita, sono nati per definire in senso dispregiativo le donne nate dall’unione tra coloni e indigene.
In lingua aymara: “chulu” significa “meticcio”.
Le cholitas sono discendenti proprio della popolazione indigena aymara, che vive da almeno un migliaio di anni sulle Ande, prevalentemente nelle vicinanze del lago Titicaca tra il Perù, la Bolivia, il nord del Cile e il nordest dell’Argentina.
Originarie degli altopiani andini, la loro presenza è fortemente radicata nella capitale boliviana di La Paz.
Fino a pochi anni fa, vivevano emarginate per la loro appartenenza ad una classe sociale ritenuta inferiore.

Prevalentemente contadine, le cholitas in molti casi non parlavano neanche lo spagnolo, ma solo la lingua tradizionale aymara e si trovavano in una condizione di subordinazione rispetto alle classi dirigenti bianche del Paese. In città vivevano relegate in casa, potevano al massimo essere assunte come servitrici domestiche: bambinaie, donne delle pulizie, cuoche.
Altrimenti facevano le venditrici ambulanti.
Per generazioni a queste donne è stato impedito di camminare liberamente nella piazza principale di La Paz (Plaza Murillo), così come per i sobborghi più abbienti della città; a loro era precluso l’ingresso nei ristoranti, sui taxi, persino sugli autobus pubblici.
IL LOOK
Le cholitas vestono tuttora gli abiti tradizionali con la stessa pettinatura tipica, un look imposto dai conquistadores, poi tramandato di madre in figlia, che le rende inconfondibili ed è semplice incontrarle e riconoscerle per le strade di La Paz.
Il Cappello a bombetta
Il caratteristico cappello a bombetta in feltro che portano stretto sulla testa ha una storia particolare. E’ notoriamente un accessorio della moda maschile nato a Londra.
Si racconta che si sia iniziato ad adottarlo all’inizio del ‘900 dopo l’arrivo di un carico dall’Europa destinato ai lavoratori che costruivano le ferrovie. I cappelli erano troppo stretti per gli uomini, così iniziarono ad utilizzarli le donne cholitas e da allora divenne parte integrante del loro outfit.
Lo indossano sempre anche sotto la pioggia coperto con borse di plastica per proteggerlo dall’umidità.
Le trecce
Sotto la bombetta i capelli neri sono pettinati dividendoli all’altezza della nuca in due trecce. Per dare volume e lunghezza si usa la lana di alpaca scura a formare extensions decorative con pon pon colorati all’estremità, rendono più appariscente l’acconciatura e danno l’illusione di una chioma più lunga, simbolo di saggezza.
La coloratissima “pollera”
Non tutte le cholitas sono curvy, eppure quel loro tipico aspetto formoso le contraddistingue e deriva dalla loro tipica gonna a balze lunga fino alle caviglie, i colori vivaci e gli strati e strati di tessuto utilizzati danno volume e risalto ai fianchi, una caratteristica associata alla fertilità. Nella loro cultura essere formose e robuste significa essere più attraenti.
Alla pollera abbinano una blusa colorata.
Manta o scialle legato sul petto
Si chiamano aguayos e sono stoffe sgargianti rettangolari tessute secondo la tradizione indigena, in origine riportavano i colori della bandiera whipala.

Si tratta di un accessorio multiuso che viene utilizzato per ripararsi dal freddo, ma anche per trasportare prodotti o come fascia per portare i propri bambini. Le venditrici ambulanti lo usavano anche steso al suolo per esporre la merce.
Nei mercati si trovano in vendita come souvenirs, ma sempre più spesso le cholitas li sostituiscono con scialli decorati.
Accessori
Collane, bracciali, anelli e spille per fermare lo scialle. Solitamente si tratta di accessori appariscenti.
Un disegno scelto frequentemente è la farfalla, simbolo di femminilità, ma anche di libertà, realizzazione, metamorfosi e rinascita.
Le ragazze risparmiano per potersi permettere di acquistare una farfalla da appuntare alla bombetta come distintivo: può costare 400 dollari, cifra proibitiva per molte in proporzione al reddito.
Scarpe
Semplici e senza tacco. Indossano ballerine, prima di tutto la comodità per le strade andine!
Questi sono gli elementi tipici dell’abbigliamento tradizionale, ma non tutte le cholitas li indossano allo stesso modo: le donne più benestanti possono permettersi tessuti ricchi e rifiniture, mentre molte altre devono accontentarsi di una maggiore semplicità. Le ragazze più giovani tendono ad accorciare le gonne, sempre a balze e voluminose ma più corte, soprattutto per le occasioni abbinate anche a scarpe con un po’ di tacco.
La moda influenza le nuove generazioni, sono nate boutique dedicate alle cholitas e nel 2014 anche una rivista di moda boliviana nota come “Vogue delle Ande” pensata per le donne indigene.
Dall’emarginazione al protagonismo
La condizione e posizione sociale delle cholitas ha iniziato a cambiare lentamente dall’inizio degli anni ’80 quando queste donne hanno preso a ricoprire ruoli e posizioni lavorative di maggior pregio, dimostrando la loro capacità e tenacia.
Nel 2006 l’arrivo al potere di Evo Morales, primo presidente indigeno del paese, ha determinato una forte riabilitazione delle cholitas.
Come portatrici della tradizione aymara, una delle molteplici culture indigene ancora presenti in Bolivia, oggi le cholitas sono considerate donne intraprendenti, orgogliose delle loro origini e dell’evoluzione del loro ruolo all’interno della società.

Lavorano e si pagano gli studi, diventano attiviste, insegnanti, giornaliste, leader politiche e sportive.
Il FUTURO del Paese è anche nelle mani di giovani donne fiere e determinate come loro, femministe convinte di poter fare una differenza.
Oggi chi vuole essere cholita lo fa per sua scelta ed è, il più delle volte, per portare avanti una cultura radicata ereditata dalla propria famiglia, vestendo con orgoglio gli abiti tradizionali, a casa come in pubblico: per le strade, in parlamento, sui ring o scalando le montagne.
Una delle attrattive per turisti sono proprio gli incontri di wrestling misti con protagoniste le cholitas. Spesso si tratta di pagliacciate per attrarre curiosi, ma è pur sempre un modo per far parlare di sé.
Da vittime a protagoniste di storie uniche, note a livello internazionale. Le cholitas sono state negli ultimi anni al centro dell’attenzione mediatica mondiale diventando anche protagoniste di un film documentario a loro dedicato.
Hai sentito parlare delle “Cholitas escaladoras“?
Nel 2014, undici donne aymara hanno deciso di iniziare a praticare l’alpinismo.
In pochi anni hanno completato la salita delle montagne andine Acotango, Parinacota, Pomerape, Huayna Potosí, hanno scalato l’Illimani (6462 metri) e persino il Sajama (6542 metri), la cima più alta della Bolivia. Cinque cholitas hanno raggiunto l’Aconcagua in Argentina (6.962 m). Una missione, quella di far sventolare la bandiera boliviana sulla vetta più alta del continente americano.
Queste donne per anni avevano accompagnato gli alpinisti stranieri, alcuni dei loro mariti erano guide, mentre loro lavoravano come cuoche. Vedevano tornare gli alpinisti felici al termine di ogni nuova escursione, poi si sono decise a provarci personalmente, una sfida ampiamente vinta.
Ad alta quota le cholitas utilizzano corde, piccozze e ramponi, indossano pantaloni tecnici, però, sopra hanno sempre la loro tradizionale “pollera” e in testa le loro lunghissime trecce nere (quando non serve il casco persino la bombetta).
Sono diventate famose e la loro scelta è stata dettata, al di là del desiderio di rivalsa e soddisfazione personale, dalla volontà di portare più notorietà, turismo e lavoro in Bolivia.
La loro celebrità riporta l’attenzione dei media sulla condizione delle cholitas e di tutte le donne boliviane, indigene e non.
I registi Jaime Murciego e Pablo Iraburu, che le hanno accompagnate sull’Aconcagua, hanno girato “Cholitas”, un film che racconta la loro storia.
Anche la fotografa francese Delphine Blast, dopo aver girato tutta l’America Latina per i suoi progetti fotografici, nel 2016 ha passato due mesi in Bolivia e ha deciso di raccontare le storie delle cholitas attraverso una serie di 35 ritratti, con un tessuto tradizionale boliviano usato come sfondo.
Nonostante i progressi raggiunti a livello politico e sociale e i riflettori puntati a livello internazionale, la strada da percorrere per rendere la Bolivia un paese attento e rispettoso nei confronti delle figure femminili è ancora lunga, lo rivela anche il tasso di violenza fisica contro le donne che è ancora altissimo.
Le cholitas in Bolivia: tradizioni a rischio
Nonostante si incontrino ancora molte cholitas per strada, le giovani che decidono di seguire le tradizioni familiari onorando le proprie origini sono sempre meno, come accade del resto in ogni cultura ormai.
Non sempre la modernità è legata ad un reale progresso e miglioramento, rincorrendola si rischia di perdere altro, qualcosa di essenziale per la nostra identità personale e culturale. Ogni giorno la globalizzazione ci rende più simili e vicini, ma al tempo stesso allontana quelle diversità che ci rendono unici e dovrebbero essere salvaguardate e valorizzate perché la nostra cultura è parte di ciò che siamo e la varietà è bellezza.
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