Donne Giraffa: al bivio tra tradizione e libertà

Collage di alcune donne Giraffa

Le Donne Giraffa, al bivio tra tradizione e libertà

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Durante il mio primo viaggio in Thailandia, andando verso nord ho raggiunto il confine con il Myanmar (un tempo noto come Birmania) lì vicino, più esattamente nella provincia di Mae Hong Son, ho conosciuto la tribù Kayan.

La Tribù Kayan e la tradizione femminile degli anelli

I loro villaggi sorgono tra la vegetazione rigogliosa che costeggia il fiume Pai.

I Kayan, chiamati anche Padaung (che in lingua birmana significa “lungo collo”), sono una minoranza di lingua tibeto-birmana.

Per tradizione le donne della tribù, sin da bambine, portano al collo una spirale di anelli di ottone. Si iniziano ad indossare i primi anelli fin dall’età di 5 anni, con una cerimonia di iniziazione che prevede canti e balli.

Come spesso accade visitando villaggi in Asia, non è facile comunicare non conoscendo la lingua locale, ma i loro gesti e i loro sguardi parlano. Le bambine sorridono con gli occhi e si muovono mostrando fiere i loro pochi anelli, sembrano piccole bellissime modelle. Sono innocenti e inconsapevoli. Quella luce negli occhi delle donne più grandi non c’è più.

Foto che ritrae 3 donne giraffa

La spirale viene sostituita con altre di dimensioni sempre maggiori man mano che le bambine crescono, fino a che la pressione permanente di questo peso crescente provoca uno slittamento verso il basso della clavicola e una compressione della gabbia toracica.
Si determina un’illusione ottica per cui a primo impatto sembra che le donne Kayan abbiano un collo lunghissimo, per questo sono comunemente conosciute come “donne giraffa”.

La vita quotidiana

Le prime ore del giorno sono dedicate alla meticolosa pulizia del corpo, le donne usano piccole spugne con cui fanno filtrare l’acqua fin sulla pelle. L’igiene è fondamentale, perché a causa dell’abbondante sudorazione dovuta all’umidità tropicale, il collare può causare infezioni e tumefazioni della pelle. La pulizia delle spirali d’ottone e dei numerosi bracciali viene eseguita strofinando energicamente il metallo con paglia, spazzolini da denti e strofinacci impregnati di sapone, evitandone così l’ossidazione.

Foto che ritrae una donna giraffa che lavora ad un telaio

Lucidata la “gioielleria”, sbrigate le faccende di casa, sedute all’ombra della veranda, le donne accudiscono i bambini, filano, tessono, aspettando l’arrivo dei turisti. Per l’occasione viene indossato l’abito più bello, le donne delle tribù che non sono spostate indossano esclusivamente una tunica bianca con ricami geometrici e multicolori.

Per tradizione, dal momento in cui viene ufficializzato un fidanzamento e stabilita la data del matrimonio, la giovane donna è incaricata di realizzare l’abito del proprio matrimonio, per sé e per il futuro sposo, che deve essere però di un colore differente dal bianco. Le donne sposate indossano abiti colorati.

Sui capelli neri, spesso raccolti a chignon, vengono avvolti drappi dai colori vivaci. Piccoli asciugamani o teli colorati vengono posizionati attorno al collier perché il sole non arroventi l’ottone o sul bordo per evitare lo sfregamento sulla pelle. Le guance delle più giovani vengono decorate con polvere colorata naturale.

Le adulte possono indossare fino a 25 anelli. Alcune di loro oltre al collo li portano anche alle gambe e alle braccia.

Gli effetti degli anelli sul fisico delle donne giraffa

Foto che ritrae una donna giraffa

Queste pratiche tradizionali vengono pagate a caro prezzo dal fisico delle donne, il risultato è una deformazione permanente della clavicola e della colonna vertebrale che non provoca soltanto una sproporzione dal punto di vista estetico, il problema principale è che dopo tanti anni passati ad indossare gli anelli, i muscoli del collo diventano talmente deboli da non riuscire più a sorreggere la testa.

La rimozione degli anelli non sarebbe più praticabile, anzi diventerebbe una sofferenza ed è una delle punizioni previste per l’adulterio. Quando applicata, costringe la donna a trascorrere tutto il resto della propria vita in posizione sdraiata.

In un ventunesimo secolo che sembra così lontano da loro, per molte donne Kayan anche i semplici gesti quotidiani diventano faticosi, si affannano con facilità perché i polmoni sono ristretti da una gabbia toracica compressa, questo rende difficile la respirazione.
Le braccia e le gambe hanno i capillari rotti perché la circolazione è limitata dagli anelli posizionati sugli arti.

Perché indossano quei cerchi allora?

Come sempre dietro ad ogni costume c’è la necessità di affermare la propria identità culturale e di differenziarsi dalle altre tribù, ma nel corso degli anni sono nate varie tesi che hanno provato a dare una spiegazione delle origini di questa particolare usanza.

Voci popolari narrano antiche leggende di draghi.

<< Il dio del vento si innamorò della femmina di un drago. La inseguiva nella giungla e lungo i fiumi, con il suo soffio gentile la riscaldava se aveva freddo e la rinfrescava quando sentiva caldo. La corteggiò a lungo, finché anche lei venne travolta dalla passione e dal loro amore, un mercoledì di luna piena, nacque Ari, la prima Donna Giraffa.>>

Foto che ritrae una donna giraffa

Le donne nate nei mercoledì di luna piena indosserebbero le spirali di ottone perché renderebbero il loro collo più simile a quello di una femmina di drago.

Secondo altre tesi si tratterebbe invece di un sistema pensato per difendere le femmine delle tribù dagli attacchi delle tigri, un animale da sempre molto presente in questi territori. Altre teorie ancora sostengono che un collo più lungo è un simbolo di grande bellezza e ricchezza ed è un modo per attrarre gli uomini e sposare un ‘partito migliore’.

In fuga dal regime militare birmano

Negli anni ’90 del secolo scorso le tribù Kayan sono fuggite dalla Birmania in seguito alla guerra scoppiata tra l’etnia Karen (cui appartengono) ed il regime militare birmano. Una decisione dolorosa e sofferta per un popolo profondamente legato alla terra, da cui trae anche la propria principale fonte di sostentamento, essendo principalmente agricoltori che vivono di caccia e pesca, ma resa necessaria dall’oppressione esercitata per decenni dall’esercito birmano, colpevole di violazioni dei diritti umani. Le tribù erano schiavizzate e sottoposte al lavoro forzato, la detenzione in carcere, la violenza.

Arrivati in Thailandia il governo li ha accettati ma senza concedere lo status di rifugiati, sono diventati apolidi costretti a rimanere nei territori a loro assegnati.

Le donne giraffa, un’attrazione turistica

Da questa loro storia nasce un altro dei motivi per cui le donne giraffa hanno continuato a portare le spirali. Non è soltanto un vezzo di bellezza, un segno del legame con le proprie radici, ma anche una necessità perché fa della loro tribù un'”attrazione”, un richiamo per i turisti che acquistano i loro manufatti durante le visite ai villaggi.
Il turismo crea entrate per la tribù del villaggio, ma anche per lo Stato perché per entrare a visitarli è richiesto il pagamento di una somma di denaro.
Se negli anni ’90, queste tribù consideravano la Thailandia come la loro «terra promessa», con il tempo quello stesso Paese li ha ridotti in una nuova semi-schiavitù.

Dal 2005 il governo è accusato dall’Onu di sottoporre i Kayan ad una nuova diversa violazione dei diritti umani, lo sfruttamento ai fini di «turismo etnico».

Il bivio tra la conservazione di una tradizione e la crescente voglia di libertà

Le donne possono decidere di non indossare gli anelli, infatti diverse di quelle che ho incontrato non li portano. Se inizialmente seguire la tradizione della tribù era considerata la strada migliore da seguire per le ragioni appena spiegate, con il tempo, di generazione in generazione, le donne hanno iniziato a rendersi conto della realtà di semi prigionia che comporta.

Donne della tribù Kayan

Le Kayan hanno conosciuto altri villaggi, incontrato femmine come loro che si muovono con facilità, senza quell’ingessatura lucida intorno al collo. Hanno visto che si può vivere in un altro modo e hanno scoperto la vergogna di essere considerate come fenomeni da baraccone.

La tradizione inizia a scomparire perché alcune delle giovani donne hanno scelto di ribellarsi a quella costrizione che le rende deformi.

Molte mamme desiderano una vita differente per le proprie figlie, scegliendo per loro una strada fatta di libertà e di istruzione, di tutto ciò che a loro è mancato.
Non sanno leggere, non sanno scrivere, ma sentono che la loro vita è stata troppo diversa da quella delle altre donne che incontrano a Mae Hong Son.
Le loro figlie studieranno, questo sarà anche il loro riscatto personale da una vita che non hanno scelto, ma hanno scoperto essere troppo severa. Il loro orgoglio non saranno più gli anelli al collo, ma i libri che le loro figlie sapranno leggere e le frasi che sapranno scrivere.

Quei piccoli occhi scuri che incantano, quelle bambine vestite quasi di niente che giocano sporche nel fango lungo il fiume, potranno scegliere una vita diversa, finalmente LIBERA.


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Daiana Natalini
Travelblogger per passione, inguaribile sognatrice innamorata dei viaggi da sempre… Questo è il mio blog per avventurarci insieme tra le strade del mondo. Leggi qui se vuoi saperne di più.
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