
La cultura rasta. In viaggio a ritmo reggae
Certi giorni basta veramente poco, un po’ di sole, la voglia di mare e un vecchio cd tra le mani, capitato così, per caso, rovistando tra le cose da riordinare: “Legend – Bob Marley and the Wailers“
Da quanto tempo non lo ascoltavo… parte il cd e partono i ricordi.

Le prime note e già torna il sorriso sul mio viso. Ascolto musica reggae e la mia testa vola in automatico alle isole dei Caraibi, è stato il viaggio regalo della mia laurea, ricordi adesso lontani eppure così vicini al cuore.
I Caraibi, le spiagge bianche paradisiache, un mare da sogno, la sua gente, il ritmo della musica reggae che ti conquista…una costante su molte delle isole che ho girato tra cui St Martin, Antigua, Repubblica Dominicana, St Lucia, ma ufficialmente la patria del reggae è indiscutibilmente una: la Giamaica!
La Giamaica è una nazione dalla forte personalità, dai tanti contrasti, intrigante con i suoi colori accesi e il suo ritmo.
La sua musica, risuona nei ghetti della capitale Kingston e racconta la storia di un’intera cultura.
Il reggae è un genere musicale originario di quest’isola, nato dalla fusione di influenze di musica africana con lo ska (anch’esso giamaicano, derivato a sua volta dall’r&b e dal jazz di New Orleans che venivano trasmessi sull’isola dalle stazioni radio americane).
Bob Marley, star conosciuta a livello internazionale, è l’icona del reggae, a lui si deve non solo la sua trasformazione e diffusione negli anni settanta come genere misicale, ma anche come manifesto di una cultura vera e propria. Il reggae, divenuto bene protetto dall’UNESCO, è inserito dal 29 novembre 2018 tra i Patrimoni orali e immateriali dell’umanità.
Ancora oggi che la Giamaica è afflitta da seri problemi di criminalità e disoccupazione, mantenere vivo l’insegnamento positivo che questo genere musicale diffonde è molto importante per il popolo giamaicano e non solo.
Nell’immaginario collettivo reggae, marijuana e dreadlocks sono i segni distintivi della cultura rasta, una rappresentazione molto riduttiva.
Non tutti conoscono le radici e le caratteristiche più profonde di questa cultura.
Partiamo dall’inizio.
La cultura rasta oltre gli stereotipi
ORIGINE DEL NOME E DOTTRINA
Il nome rasta deriva da rastafarianesimo (rastafari), una religione monoteista nata negli anni trenta del Novecento, erede del cristianesimo.
Ras Tafari (“Ras” significa ‘Capo’ e “Tafari” sta per ‘terribile’), è il nome usato dall’imperatore Hailé Selassié I salito al trono d’Etiopia nel 1930 (definito anche con i titoli di ‘Re dei Re’, ‘Eletto di Dio’, ‘Luce del mondo’ ‘Leone conquistatore della tribù di Giuda’). Perché?
Una storia particolare la sua, in seguito alla sua incoronazione, milioni di persone riconobbero in lui Gesù Cristo nella sua “seconda venuta”, come profeticamente annunciato dalle Sacre Scritture.
Jah Rastafari era quindi considerato la personificazione terrena di Jah (Dio); questa è l’interpretazione biblica delle credenze rasta.
La Bibbia è il fondamento della loro fede insieme ad un altro libro sacro il Kebra Nagast (“la Gloria dei Re”) un testo che racconta del trasferimento dell’Arca dell’Alleanza da Gerusalemme all’Etiopia. Dall’interpretazione di questo racconto deriva la convinzione rastafariana che l’Etiopia sia la Terra Promessa che un giorno accoglierà il popolo di Dio, in contrapposizione con Babylon (metafora per l’Occidente, che impone la sua cultura materialista a tutto il mondo). Babilonia rappresenta il sistema corrotto dal male da cui ribellarsi.
Erroneamente interpretato, questo punto cardine della cultura rastafariana originale, può far pensare ad un fondamento di razzismo verso i bianchi occidentali, ma si tratta di una considerazione sbagliata.

La cultura rasta, in realtà, predica l’amore e l’ugualianza tra tutte le etnie. <<Crede in una moralità internazionale retta dal principio della sicurezza collettiva, dell’autodeterminazione dei popoli, dell’uguaglianza dei diritti, della non-interferenza, nel riconoscimento di un ordine sovra-nazionale che ripudi la guerra, per la ricomposizione pacifica delle dispute e per la risoluzione dei problemi comuni.>>
I rastafariani ritengono sia necessario costruire sistemi politici liberali e democratici, fondati sull’osservanza della dichiarazione dei diritti umani che difendano la libertà civile, economica, spirituale e culturale, rifiutando ogni ideologia totalitaristica, di destra o di sinistra.
Sostengono però che sia necessario affrontare con particolare attenzione, per il benessere del pianeta, il problema del continente africano, il più povero e colpito dopo secoli di sfruttamento e aggressioni, eticamente meritevole di una “riparazione storica”.
Gli africani deportati, in particolare, per raggiungere la consapevolezza di sé devono ricordare le proprie origini e onorarle.
Le donne rastafariane hanno un ruolo gerarchicamente subordinato a quello degli uomini, ma tra i due sessi è garantita pari dignità.
I rastafariani credono in Cristo, nella Trinità, nella Resurrezione, in Maria Vergine ed in tutti i dogmi della cristianità, ma hanno anche un particolare rispetto per le altre culture religiose monoteiste, con cui considerano di avere una “parentela spirituale”. Tutti i culti monoteistici sono considerati “vie del Dio vivente”, che non è possibile giudicare. Questa dottrina è contraria al settarismo religioso, mantenendo in questo senso una mentalità aperta e tollerante.
IL RAPPORTO CON IL PROPRIO CORPO
I rasta predicano il rispetto del proprio corpo quindi l’astensione da tatuaggi, la pratica di un salutare esercizio fisico e la rinuncia al consumo di alcolici, uva e derivati.

Queste sono pratiche assolutamente facoltative, non obbligatorie, ma nel rispetto della disciplina morale ciò che si impone è il controllo di sé e per mantenerlo è necessario astenersi da ubriachezza, fumo e droghe, ad eccezione della marijuana usata come medicinale, ma anche come erba meditativa, apportatrice di saggezza.
La marijuana è associata all’albero della vita e della saggezza presente nell’Eden a fianco dell’albero della conoscenza del bene e del male.
I rastafariani seguono uno stile di vita puro e rispettoso della natura: dal rifiuto di curarsi o nutrirsi con prodotti non naturali, alla non violenza contro gli altri esseri viventi. Questo implica l’astensione dal consumo di carne (a eccezione del pollo che invece è consentito) e la scelta di una dieta quasi completamente vegetariana.
Dal principio di consacrazione del proprio capo deriva la scelta di non tagliare i capelli né pettinarli, lasciarli liberi e naturali generando di conseguenza le ciocche di capelli attorcigliate e annodate che comunemente chiamiamo “rasta”, ma il cui nome corretto è dreadlocks.
I rastafariani sono universalmente riconoscibili per questa eccentrica acconciatura, segno distintivo della loro cultura, per quanto diffusa anche questa è una pratica facoltativa.
Il cappello caratteristico di molti rastafariani, in cui vengono raccolti i dreadlocks, si chiama tam ed ha i colori della bandiera etiope.
IL RUOLO DI BOB MARLEY

A partire dagli anni settanta Robert Nesta Marley ha avuto un ruolo fondamentale nella diffusione della cultura rasta a livello mondiale, infatti tramite la sua musica, con i testi delle sue canzoni ne veicolava i contenuti.
Marley divenne un leader politico, spirituale e religioso. Nel 1978 gli fu conferita, a nome di 500 milioni di africani, la medaglia della pace dalle Nazioni Unite.
Con i suoi brani ha dato voce alle minoranze oppresse come gli afro-americani, i nativi americani, ma anche gli aborigeni australiani, i maori neozelandesi e le popolazioni africane, diffondendo testi impegnati con quel senso di rilassatezza e pace interiore che la sua musica riesce ad evocare in chiunque la ascolti.
Non tutti i rastafariani apprezzavano il reggae perché lo consideravano una forma di musica commerciale, ma indubbiamente era (ed è) il mezzo con cui i rasta esprimono le loro opinioni sul mondo e manifestano consensi o critiche alla società.
Tra i temi ricorrenti ci sono la povertà e la resistenza all’oppressione ovviamente in forma pacifica non violenta.
<< Il reggae diventerà una forma di lotta, se non è già accaduto. È la musica del Terzo Mondo. Non devi cercare di capirla in un solo giorno, ma prenderla un po’ per volta e lasciare che cresca dentro di te.>>
Bob Marley
LA DIFFUSIONE DELLA CULTURA RASTA OGGI
La cultura rasta ed il reggae si sono diffusi in tutta l’area caraibica, ma anche in Centro America (Honduras, Nicaragua e Panama) e in America Latina (dal Venezuela fino al Costa Rica passando per El Salvador, Guatemala e Belize).
Il reggae ed i principi del rastafarianesimo hanno influenzato molti ambiti della vita in queste aree: dalla pittura all’abbigliamento, dai romanzi alla religione stessa.
Oggi coloro che si avvicinano alla cultura rasta lo fanno per sentirsi parte di qualcosa, non facendo necessariamente proprie tutte le regole imposte dalla religione rastafariana, ma condividendone i principi pacifisti, l’avversione al materialismo, la passione per la musica reggae e i dreads.
Se ti è venuta voglia di riascoltare Bob Marley, con una maggiore consapevolezza dei suoi messaggi più profondi, puoi farlo ovunque ti trovi. Per viaggiare senza partire l’Ente del Turismo della Giamaica ha pensato di portare il ritmo reggae nelle case di tutti noi in questo periodo complicato, trasmettendoci un po’ di quella pace ed un messaggio “Every little thing is gonna be alright” è questo il titolo dato all’album Spotify che raccoglie più di 15 ore di musica giamaicana per dare un po’ di colore ai nostri giorni.
Si viaggia in molti modi anche restando fermi, attraverso la lettura, la fotografia, i film, la cucina, la musica.
Per oggi…
Buon viaggio sulle note del reggae!
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