I beduini in Egitto: chi sono e come vivono

Beduini in Egitto: beduino con capretta e cammello

I beduini in Egitto

Chi sono e come vivono

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Durante un recente viaggio in Egitto, parlando con Abdul, un commerciante locale, delle sue origini e della sua famiglia, abbiamo toccato l’argomento “beduini”. Mi ha detto che molti turisti credono erroneamente che i beduini siano i “veri” egiziani. <<Loro spesso vengono aiutati perché ritenuti più poveri e bisognosi, ma… E’ un grosso errore>>
Ho sentito un po’ di astio nelle sue parole, così ho approfondito, con lui e in successive letture, il motivo.

Iniziamo con il conoscere meglio le tribù beduine e la loro vita, per poi addentrarci nel tema della loro integrazione nella società.

Chi sono i beduini?

Beduino con dromedario e capra

Sono tribù di pastori nomadi di origine semitica provenienti dalla penisola araba che man mano hanno raggiunto prima le coste mediterranee e poi, attraverso l’istmo di Suez, il deserto egiziano dove ancora oggi li troviamo.

A nord del Sahara orientale vivono tribù beduine provenienti da Giordania e Arabia Saudita. A sud, da Marsa Alam al Sudan, troviamo le tribù discendenti dei Beja, un gruppo etnico insediatosi nel deserto locale da tempo immemorabile. Nell’Antico Egitto erano già rinomati per la loro bravura come arcieri nell’esercito. Tra queste tribù la principale, secondo le fonti occidentali, è costituita dagli Ababda.

Alcune tribù beduine parlano lingue proprie non scritte, tramandate di generazione in generazione. Altre invece, come gli stessi Ababda, parlano principalmente l’arabo che è anche la lingua ufficiale nazionale.

Com’è la loro vita nel deserto?

Mandria di capre con beduini

Oggi una minoranza beduina continua a vivere di pastorizia, mentre una parte, negli anni, ha iniziato a dedicarsi anche alla pesca, al commercio e ad attività legate al turismo.

Difficile immaginare un luogo più inospitale del deserto locale. Una landa desolata, pietrosa con montagne di granito, incise da profonde gole e da fiumi fossili, che molti anni fa furono scavati da ruscelli di acqua. Le precipitazioni oggi sono scarsissime. La vegetazione di conseguenza è ridotta a qualche raro albero. Parrebbe impossibile vivere in un ambiente del genere e con fortissime escursioni termiche tra giorno e notte… lo sarebbe sicuramente, se non fosse per il dromedario.

L’importanza del dromedario

Precisazione: in Egitto ci sono i dromedari (con una sola gobba) anche se tutti si ostinano a chiamarli cammelli (quelli di gobbe invece ne hanno due e vengono dalle steppe dell’Asia centrale).

Il dromedario è un animale importantissimo per i beduini, ancora usato come mezzo di trasporto e di sostentamento.

Primo piano di un dromedario

La lana ricavata viene tessuta dalle donne per creare coperte e tappeti, per uso personale, ma anche da barattare al mercato in modo da potersi approvvigionare della farina per il pane, di tè, caffè, melassa, perline, stoffe… tutti i beni necessari alla vita della tribù.

Dal latte del dromedario si fanno formaggio e burro e nelle occasioni speciali, come i matrimoni e le feste religiose, è questo animale a fornire la carne per i banchetti.

Lo sterco di dromedario, oltre che come concime seccato, è usato come combustibile.

L’urina, infine, pare sia un efficace rimedio contro la scabbia, conseguenza delle precarie condizioni igieniche dovute alla scarsità d’acqua.

Queste tribù avendo difficile accesso a medici e ospedali, si curano con un misto di riti magici fantasiosi abbinati all’uso di erbe medicinali.

Oltre ai dromedari si allevano spesso altri animali, ad esempio qualche asino e molte capre.

Il pozzo e la realizzazione di un accampamento

Questo microcosmo di uomini, donne e animali, ruota intorno al pozzo dove sgorga l’acqua. Un’acqua che permette la vita.
Sotto il deserto c’è più acqua di quanto non si pensi, solo che è ben nascosta e il problema sta nell’individuarla. l beduini hanno imparato ha conoscere i segni che indicano i luoghi dove è possibile scavare un pozzo con buone possibilità di successo. Indizi sono, ad esempio: il colore delle rocce, più scure dove c’è umidità, la conformazione del terreno, la presenza di vegetazione.

Nei pressi del pozzo il beduino crea il suo accampamento.
Per prima cosa si eseguono dei riti che prevedono il sacrificio di un animale. Con il suo sangue si bagna la sabbia del terreno per allontanare benevolmente i demoni che abitano il deserto, poi si accende un fuoco con la legna (questo accorgimento scaccia rettili e insetti pericolosi), in più si controlla che gettando il sale sulle fiamme queste si colorino di celeste, segno che Allah ha scacciato gli spiriti maligni. Solo allora si procede a costruire l’accampamento con fronde di palme, pietre, latta e stuoie.

Sebbene alcuni beduini abbiano scelto una vita stanziale e il governo egiziano si prodighi per normalizzarli, in molti casi continuano ad essere degli irriducibili nomadi e quando un pozzo si esaurisce, partono alla ricerca di un nuovo posto dove vivere.

Il ruolo della donna

Delle faccende domestiche si occupano le donne.
All’alba si procurano l’acqua necessaria e svolgono tutti i lavori: dalla cucina, alla cura dei figli, a quella degli animali, ricamano, costruiscono utensili, piatti e pentole con pietre o fronde di palma.
Nel tempo libero creano collane, bracciali, anelli (per abbellirsi e da scambiare ai mercati).

Svolgono attività molto faticose e che le tengono molto occupate.

Recinto per mandrie di capre dei beduini

La poligamia (sino a quattro mogli) è ancora ampiamente praticata tra i beduini (a differenza degli egiziani che oggi spesso hanno solo una moglie) e la vita della donna sposata è tutt’altro che invidiabile, per questo un numero maggiore di mogli si rende utile e necessario perché possano aiutarsi.

Le donne nelle tribù pagane erano il fulcro di famiglie matriarcali e le appartenenti alle tribù Beja mantengono ancora una maggiore libertà rispetto alle altre donne di tribù arabe, infatti nelle località a sud di Marsa Alam si vedono uscire da sole.

Le ragazze sposate si distinguono da quelle ancora nubili per il tipo di tatuaggi e l’acconciatura dei capelli.

La chiusura di molte tribù beduine rispetto alle influenze esterne, ha permesso loro, in molti casi, di conservare la propria identità culturale.
L’interpretazione che danno dell’Islam è ancora fortemente influenzata da antiche tradizioni animiste e sciamaniche.
La tribù è costituita secondo il vincolo di sangue. A capo c’è un “sheik” (sceicco) “un vecchio saggio”, i matrimoni avvengono quasi esclusivamente tra cugini ed è il capo clan a decidere come e quando avverranno le unioni. In questo modo tutto si tramanda, di generazione in generazione, all’interno della propria cerchia familiare.


L’Egitto ha una lunga storia di tensioni con i beduini.

I Beduini in Egitto ed il crimine

Di fronte ad uno Stato latitante e per molti aspetti discriminatorio, come lo è stato quello egiziano nel corso degli anni, gruppi beduini hanno intrapreso la strada del crimine: traffico di uomini, di armi, di droga.

Nessuna giustificazione a riguardo, questo è ovvio, ma è giusto sottolineare, per comprendere meglio la situazione, che esiste uno stretto rapporto tra l’estrema povertà, la scarsa istruzione e soprattutto la discriminazione ed un crescente tasso di criminalità, cui si è cercato solo più recentemente di porre riparo.
D’altronde è noto ovunque che l’insorgenza di malattie mentali, le dipendenze, la delinquenza, la formazione di bande con atteggiamenti aggressivi, l’estremismo politico ed il terrorismo, siano alcuni dei fenomeni spesso interpretati come conseguenze, più o meno dirette, dell’emarginazione sociale.

È così che alcuni gruppi di beduini si sono messi al servizio dei terroristi, aiutati dalla loro perfetta conoscenza del territorio, degli anfratti più inaccessibili delle montagne. Questa pericolosa situazione è più evidente nelle zone di non facile accesso alle aree turistiche, come nel centro della penisola del Sinai e nel Nord, qui la disperazione sembra individuare un bivio, due strade per uscire dalla miseria: il crimine organizzato (traffico di droga, di armi e contrabbando) o l’integralismo islamico.

Fortunatamente, almeno allo stato attuale, il problema è abbastanza circoscritto a quelle aree e, ad esempio, meno esteso lungo le coste del Mar Rosso, dove prevalgono resort e turismo. La zona è più controllata e sicura. Egiziani e tribù beduine qui convivono in maniera più pacifica.

I beduini e l’integrazione nella società egiziana

Benché siano nel territorio egiziano da molte generazioni, anche in queste zone più “tranquille”, ci sono clan che non hanno mai accettato di integrarsi, mentre altri hanno ceduto ad un cambiamento, almeno parziale, con i suoi pro e contro.

In Africa, vicino al confine tra Egitto e Sudan si trova il più importante mercato mondiale di dromedari. Il turismo e la globalizzazione hanno invaso queste zone modificando usi e costumi. Ecco allora che qui più che altrove si vedono anche beduini spostarsi con i pick up. Per guadagnare organizzano per i turisti cene beduine e tè nel deserto da consumare ammirando il tramonto, escursioni su dromedari ecc.

Beduini con dromedari

Adesso molti beduini, nonostante la vita che scelgono di continuare a condurre, come sottolinea il mio “amico” egiziano, si sono molto arricchiti e da pochi dromedari iniziali, ne hanno acquistati molti di più, anche venti (un buon dromedario vale almeno 1500 euro).

Il governo, nel tentativo di integrare le popolazioni nomadi, cerca di coinvolgerle attivamente nella gestione dei Parchi nazionali istituiti nel sud-est dell’Egitto.
Il Parco nazionale di Wadi el Gemal, a sud di Marsa Alam, vanta una ricca fauna con molte specie di uccelli e, a ridosso della costa, anche qualche raro dugongo (un particolare esemplare tra un tricheco e una balena) ed è gestito da Ababda.


Alla mia curiosa ricerca dei motivi di astio di Abdul verso i beduini, ho alla fine trovato una risposta.

IL PUNTO DI VISTA DI UN EGIZIANO COME TANTI

Se alcuni egiziani stimano comunque i beduini per le loro coraggiose scelte di vita, comprendendo anche le intenzioni governative di offrire loro alloggi e regolarizzazione… altri non apprezzano che i beduini arricchiti vengano aiutati dai turisti e dalle autorità egiziane, non per loro effettiva necessità, ma solo per:
– sopperire ad un’apparenza di povertà non sempre reale (in ogni caso derivata da una loro scelta personale)
– cercare così di controllarli meglio.

Il loro rifiuto di abbandonare le proprie antiche tradizioni e la vita nomade, nonostante le iniziative per controllarli, integrarli e ridurre il tasso di criminalità, non sempre viene vissuto dagli egiziani come motivo di stima verso la loro coerenza e “incorruttibilità”, anzi.

Il sostegno ai beduini non è ben visto da alcuni commercianti egiziani come Abdul, che mal tollerano l’idea che le loro tribù vengano aiutate mentre loro devono lavorare per mesi lontani dalle loro famiglie, nei centri turistici, per cercare di guadagnare il necessario per far studiare i loro figli, garantirgli un futuro e far vivere decorosamente le loro uniche mogli.
Abdul stesso mi ha confessato che quella di avere una sola moglie è una scelta per molti egiziani dettata anche da una motivazione finanziaria, perché i più non riuscirebbero a mantenerne altre; un po’ come il numero dei figli, considerando che ai maschi la famiglia d’origine deve poter assicurare anche una casa in cui vivere con la futura consorte.

In Egitto tutte le case sembrano in costruzione, dalle più recenti alle più fatiscenti, tutte hanno un piano superiore parzialmente edificato, perché quando nasce un figlio maschio si deve iniziare, per tradizione, a costruirgli una casa per quando prenderà moglie. Si inizia presto e si costruisce una colonna alla volta, con i soldi della vendita di ogni raccolto, con i risparmi, per chi ne ha…man mano si costruisce un pezzetto. Certo vale per chi ci riesce.

Lungo i canali che scorrono paralleli al Nilo, vivono tante persone in baracche. Quando fa notte ci si raduna intorno al fuoco con la famiglia per cucinare e scaldarsi un po’. Guardandosi intorno si capiscono molte cose, conoscersi aiuta a comprendere… anche il punto di vista di Abdul.


Quante cose può insegnare un viaggio. Viviamo vite così diverse, ma in fondo siamo persone… simili.


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Daiana Natalini
Travelblogger per passione, inguaribile sognatrice innamorata dei viaggi da sempre… Questo è il mio blog per avventurarci insieme tra le strade del mondo. Leggi qui se vuoi saperne di più.
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